Problema principale per la Sicilia fu per tanto tempo l’elevatissimo costo degli impianti idroelettrici, che obbligava alla produzione dell’energia gli impianti “termici”, relativamente adatti a tali scopi, tanto che la necessità d’una connessione elettrica tra le due sponde fu sempre più incombente. Da quando si iniziò la realizzazione di linee elettriche ad altissima tensione che collegavano centrali poste a distanze notevoli, si concluse che lo Stretto di Messina potesse essere utile per il congiungimento degli elettrodi di tutta Italia. Nel 1916, gli ingegneri Jona ed Emanueli proposero l’idea di un “cavo subacqueo” isolato che attraversasse lo Stretto e che conducesse energia elettrica; tale progetto venne aggiornato nel 1921 dall’Emanueli ma successivamente accantonato (per difficoltà pratiche) nel dopoguerra. Il primo progetto di una linea elettrica “aerea” fu dovuto nel 1921 all’ing. Ferrando; in origine, si pensò alla realizzazione di “torri metalliche” alte 227 m (una per ogni conduttore) assicurate da “tiranti”, che potevano porsi a buona distanza l’una dall’altra. I progressi via via realizzati nel campo dei cavi consolidarono la fiducia verso questo tipo di progetto; in contemporanea, lo Stato approfondì gli studi inerenti alla costruzione di una “galleria sottomarina” che unisse Sicilia e Continente o alla collocazione cavi sul fondale dello Stretto, oltre all’idea di un “cunicolo subalveo” che contenesse un allacciamento elettrico tra le due sponde e di soluzioni ulteriori quali cavi “in corrente continua”, “monofasi”, “trifasi” in olio. Vennero in seguito proposte la “funivia subacquea” dell’ing. Zignoli (nel periodo bellico) e il progetto “Coniel”, sviluppato tra il 1936 ed il 1946 dalla “Dalmine” e dalla “SAE” (Società Anonima Elettrificazione), che sanciva definitivamente l’intenzione di effettuare l’attraversamento elettrico dello Stretto con linea “aerea”. Intanto, sei grandi ditte di “carpenteria metallica” furono interpellate, a partire dal 1947, per la costruzione dell’intero impianto: la “Cifa”, la “Dalmine”, la “Sae”, la “Savigliano”, la “Terni” e la “Badoni”. Dall’inizio di questi ultimi studi alla posa della “prima pietra” trascorsero infatti sei anni, tra ricerche, prove e tentativi che potessero perfezionare al meglio un progetto così “esigente” sul piano pratico.
In definitiva, l’opera fu impostata secondo lo schema progettato e, grazie all’intervento del Ministro Dott. Aldisio, il 27 gennaio 1952 venne posto il primo masso della scogliera “di protezione” per il traliccio sulla costa sicula. I lavori delle “fondazioni” ebbero inizio presso le nostre sponde l’estate seguente a cura della “Ferrocemento” e vennero interrati nel sottosuolo quattro “cassoni” di base. Dopo aver costruito la base a forma di croce greca in calcestruzzo (internamente vuota), si applicò il sistema dei “doppi falconi”, del tutto innovativo nel campo delle costruzioni metalliche, e vi occorsero ben 500 tonnellate d’acciaio. Alla “mensola” inferiore furono applicati quattro gruppi di isolatori reggenti altrettante pulegge speciali dette “a cingoli”, sede dei cavi conduttori di corrente elettrica che, provenienti dalla Calabria, vennero fissati all’ancoraggio presso le apposite torri di via Pozzo Giudeo (recentemente ribattezzate “Torri Morandi”). La “Cosiac” effettuò analoghe operazioni sul versante calabro che proseguirono sino all’estate del 1953. La realizzazione del conduttore fu opera della “Redaelli”, su direttiva del Comitato Consultivo, la sovrintendenza dell’ing.Paolini e del Cav. Ganzer; il montaggio delle Torri fu messo in atto da tecnici ed operai della “Sae” diretti dall’ing. Bianchi, a partire dall’autunno del 1954, in due fasi. La collocazione dei cavi fu effettuata anch’essa in due tempi, avviata nel giugno del 1955 e ultimata il 22 settembre dello stesso anno, a cura della “Agudio”. L’impianto completato venne “battezzato” tra il 19 ed il 21 novembre del 1955, dopo la riunione dei Comitati di Studio n°6 e n°7 della “Cigrè”, e il 27 dicembre 1955 entrò in funzione. Nella primavera del 1956 si svolsero su entrambi i tralicci una serie di prove dinamiche per mezzo di “propulsori da missili” ed il seguente 15 maggio vi fu l’inaugurazione ufficiale da parte dell’On. Alessi, presidente della Regione Siciliana. Infine, il 29 marzo 1958, l’ing. Emilio Battista consegnò al prof. ing. Girolamo Ippolito, presidente della “Sges”, la targa di bronzo del premio “Aniai 1957”, in merito alla “miglior realizzazione d’ingegneria elettrotecnica italiana nel quinquennio ‘51/’56”. Venne realizzata inoltre la “centrale” in zona Pozzo Giudeo e altri “piloni” più bassi vennero innalzati, modificando il panorama dell’area. Un’ulteriore centrale venne edificata in zona Paradiso.
I Piloni dello Stretto sono dei tralicci in disuso della linea elettrica ad alta tensione a 220 KV che attraversava lo Stretto di Messina fra la Calabria e la Sicilia, sono entrambi alti 232 m (corpo metallico: 224 m – base: 8 m), ma il traliccio calabrese, situato sulla sommità dell’altura di Santa Trada, (stesse dimensione dell’omologo siciliano), supera comunque l’altezza del primo perché è situato sui monti calabresi a circa 165 s.l.m. I Piloni sono stati realizzati sul modello dei piloni del primo attraversamento sul fiume Elba, in Germania e, fino al completamento del secondo attraversamento sull’Elba, hanno vantato il record di più alti Piloni del mondo. La resistenza richiesta alle forti raffiche di vento non ha però consentito l’uso di conduttori intrecciati riducendone la capacità di trasporto. Per queste ragioni la linea è diventata presto “insufficiente” per l’importazione ed esportazione dell’energia elettrica. Il Pilone di Torre Faro è stato “dismesso” nell’agosto 1993, al termine dell’opera di demolizione dei conduttori che attraversavano lo Stretto; già nel 1985 infatti, era entrato in esercizio il nuovo “collegamento elettrico sottomarino”. I Piloni non sono stati demoliti e oggi rappresentano un’attrazione turistica dello Stretto. Nel dicembre 1999 è stato inaugurato l’impianto d’illuminazione del Pilone con 32 fari e la struttura è entrata a far parte del patrimonio Comunale. Nel 2006 era possibile visitarlo salendo i suoi 1.250 scalini su rampe che sembrano sospese nel vuoto. Dalla sommità si ha una veduta che si estende (verso Sud) sino alla Madonnina del Porto e, in senso opposto, sino all’arcipelago delle Eolie.





Lascia un commento