Torri e Fortini a Torre Faro

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La città si distinse per l’impegno militare prestato all’imperatore d’Oriente Arcadio a seguito della propria liberazione in Tessalonica e il rientro presso Costantinopoli, grazie all’intervento della flotta messinese capitanata da Mitridoro nell’anno 408 d.C. contro Goti e Bulgari. Venne così ricompensata con la concessione dello “Stemma Imperiale” (croce d’oro in campo rosso) e del titolo di Protometropoli della Sicilia e della Magna Grecia (ad oggi, l’antica insegna compare nel “labaro” municipale), malgrado ciò, la nostra città attraversò un lungo periodo di ristagno nei traffici mercantili. Degno di nota in questo periodo è che nel 504 d.C. la messinese Elpide fu moglie di Boezio presso la corte di Teodorico dei Goti.

Nell’anno 710 d.C., Papa Costantino giunse presso Torre Faro. Dalle varie fonti storiche apprendiamo che rilevanti opere di fortificazione, costituite da “torri” di guardia e fortini, furono approntate presso tutta l’isola, all’interno e su punti strategicamente rilevanti. L’impulso maggiore relativo all’edificazione di queste strutture si ebbe intorno all’VIII sec. in concomitanza dell’intensificarsi delle incursioni saracene; ciò giustifica la grande difusione che questi sistemi difensivi ebbero presso tutto il territorio siciliano. In alcuni casi, da un modesto nucleo difensivo iniziale sorsero vere e proprie città: Vicari, Polizzi, Castelbuono, Geraci, Caltabellotta, Rametta, ecc. I principali sistemi di fortificazione possono classificarsi in 2 tipi principali: “di Pianura”,“Montani”.

Del primo tipo fanno parte le costruzioni sorte presso Messina, Siracusa, Palermo e Termini; del secondo Agrigento, Cefalù, Enna, Erice, Rimecta, Taormina, Tindari, ecc. Si potrebbe dedurre inoltre che quasi certamente devono esserci stati degli ulteriori interventi di fortificazione da attribuire agli stessi occupanti saraceni oltre a quelli di ristrutturazione di strutture già esistenti.

Nella nostra area, da Ganzirri verso Torre Faro, tutt’oggi possiamo ammirare le costruzioni elencate di seguito.

La “Torre Saracena”, presso la via Marina di Ganzirri, mentre un’altra piccola torre si suppone sorgesse nei pressi dell’odierno incrocio tra via Circuito e via Torretta (cosìddetta per la presenza in epoca passata della costruzione).

Una torre chiamata “Sommersa” era costruita presso le attuali spiagge di via Primo Palazzo nei pressi della moderna rosticceria “La Tegola”.

La “Torre d’Avvistamento”, dove tutt’oggi sorge il “lanternino”e dove, nel 1860 il generale Garibaldi posizionò i due cannoni ancora visibili nel loro stato d’insabbiamento.

La “Torre degli Inglesi”, d’antichissima origine (forse I sec. a.C.) il cui antico nome “Cariddi” fu dovuto al possessore di Casa Cariddi. Le ultime trasformazioni architettoniche della struttura risalgono all’intervento inglese prima e garibaldino poi, avvenuti entrambi nel XIX sec.

Proseguendo verso il versante tirrenico, la “Torre Bianca” è situata a sinistra dell’imboccatura del Canale degli Inglesi; sorse sui resti della precedente “Torre Mazzone” detta inoltre “Scollato”. Ha forma tronco-conica alquanto tozza e, in passato, servì come base d’appoggio per il trasporto d’approvvigionamenti vari ed in epoche più recenti, come supporto d’antenne radiotrasmittenti e televisive, oltre che per ulteriori svariati utilizzi.

La “Torre Ladrone” o “Mezzana” aveva il proprio tetto “a cupola” rotonda e sorgeva alla destra dell’imboccatura del canale inglese. L’associazione dei due nomi potrebbe derivare dalla denominazione classica del luogo ove la struttura sorgeva, detto “scaro del Larrone”. Accanto, si trovava un agglomerato di case, dal quale partivano una scalinata e un muro che giungevano sino al Lago Piccolo: il muro era denominato “ù Muràzzu”.

Un’altra fortificazione d’avvistamento era situata al centro della odierna Rotonda di Granatari.

Proseguendo verso Sud, ricordo che si presume sorgessero due torri rispettivamente presso l’odierno incrocio tra via Consolare Pompea e via Lago Grande e adiacentemente al canale “Margi” che, come sappiamo, unisce i due laghi. Queste due antiche elevazioni avrebbero dato il nome alla zona chiamata, appunto, “Due Torri”.

Tornando in direzione NE, al km 29,700 della strada statale 113 di Mortelle sorge una torricella alta ed esile, collocata verso l’area interna, di cui non si ha documentazione certa.

Sul versante tirrenico verso Villafranca va ricordata la “Torre di Rasocolmo”, corrispondente verso Est con la torre al Larrone e verso Ovest con quella alla punta del Salice; questa sorgeva esattamente all’estremità più alta di Capo Rasocolmo.

Alcune carte del XIX sec. riportano di una torre detta “Muzza” collocata allo sbocco del fiume di Salice, tra i paesini di S.Saba e Rodia; in zona, sarebbero sorte altre due torri: la “Judeo” e la “Ebreo”, non più ritrovate.

A quanto pare, le fortificazioni (e in particolare quelle sorgenti presso la nostra zona) erano collegate da lunghi cunicoli sotterranei, allo scopo di poter contare su strategiche vie di fuga segrete.

Approfittando della descrizione delle torri appena illustrata, voglio qui riportare della figura dei “Torrari”, personale preposto alla gestione delle fortificazioni e avente come compito fondamentale quello dell’avvistamento di flotte nemiche dal mare.

Da un’ordinanza del 1582, i torrari erano classificati in “Artiglieri” e “Guardiani”; era richiesta loro un’età non inferiore ai 18 anni e l’obbligo di risiedere presso le torri. Era per essi obbligatorio superare un esame da “artigliere”. Avevano, durante il loro servizio, un compagno e un Caporale e la loro retribuzione mensile oscillava dai 4 ai 5 scudi; disponevano inoltre di due letti noleggiati a 2 “tarini” al mese. Nel periodo tra novembre e marzo, i torrari potevano usufruire di licenze di 10 giorni e nelle ricorrenze festive di permessi di qualche ora per poter partecipare alle funzioni religiose presso la chiesa più vicina alla loro postazione. L’abbandono della fortificazione da parte di uno di essi per un qualsiasi motivo comportava pene in proporzione al “grado” ricoperto in servizio: i soldati semplici potevano subire da 3 frustate a due anni di prigione, i caporali più frustate e sino a 5 anni di reclusione. L’esistenza del torraro era dunque alquanto sacrificata, e il loro servigio durava per tutta la vita: essi infatti, potevano “congedarsi” dalla torre soltanto il giorno della loro dipartita…!



 









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