Relativamente alla fondazione di Faro, si può affermare che dall’origine fu un insediamento votato alla pesca ed alla caccia, allo sfruttamento dei laghi, all’attraversamento di merci e persone e alla custodia dei punti di luce che dovevano salvaguardare chiunque attraversasse quella pericolosa strettoia al centro del Mediterraneo e di tutti i traffici navali del Vecchio Mondo, che resero i nostri luoghi protagonisti di vicende d’antichissima memoria: a testimonianza di ciò, si riferisce dei rinvenimenti avvenuti nelle fasi di scavo presso l’area dell’antica “Torre degli Inglesi” nell’anno 2000, quando gli archeologi della Soprintendenza di Messina hanno ritrovato svariati cocci di oggetti e di ossa, alcuni risalenti appunto all’era “Preistorica”.
Già i primi abitatori di quest’area fecero del territorio il più importante ricovero per le imbarcazioni che, stanziali o di passaggio, solcavano le acque infide dello Stretto; probabilmente nelle acque di questi “pantani”, oggi ridotti a due ma un tempo quattro e forse, sempre collegati tra loro e con i due mari, come lascerebbero supporre ulteriori ritrovamenti avvenuti negli anni ’70 presso i fondali nel “Lago Piccolo” di “anfore biansate” a base piatta, anch’esse databili ad età antichissime. La presenza dei resti di un’imbarcazione che le trasportasse confermerebbe l’ipotesi della possibilità di accesso da e per il mare. Analogamente, medesima ipotesi può alimentarsi per il “Lago Grande”, dove una “depressione” corrispondente alla parte Settentrionale del pantano potrebbe interpretarsi come un remoto accesso dalle acque dello Stretto a quelle del bacino…
Della “torre degli inglesi”, raffigurata in diverse stampe dell’epoca, anche Sesto Pompeo militare e politico romano della fine della Repubblica ha voluto lasciare un segno tangibile dell’importanza strategica dello stretto di Messina coniando una moneta il Denario risalente al 42-40 a.C., (zecca siciliana). Si rappresenta quindi sul dritto il faro di Capo Peloro, sormontato da una statua di Nettuno dotato di elmo, tridente e timone e col piede su una prua. Il faro rappresentato ha innanzi a sé una galera , con a prua l’aquila legionaria e a poppa un tridente, una bandiera e un uncino d’ancoraggio. Nel rovescio invece è possibile riconoscere Scilla, il mostro della rupe calabra con due code di pesce e tre teste canine, secondo una delle tante iconografie conosciute. Nei diversi conii di questa moneta il faro presenta la presenza di elementi differenti. La torre sembra dunque cilindrica, si nota comunque il basamento gradinato, che forse è anch’esso a pianta circolare, appaiono due finestre, un marcapiano, una possibile porta, una possibile balconata.
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