Chiese nei dintorni di Torre Faro

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Il culto religioso degli abitanti delle nostre zone ha fatto sì che, sin dall’antichità venissero edificate varie Chiese. Sulla storia delle costruzioni “Sacre” in Torre Faro, si può distinguere tra realizzazioni “pagane” d’epoche remote, come il “mitico” Tempio di Nettuno, visibile sin all’inizio del XIX sec. ed edificato tra i laghi degli attuali Ganzirri e Torre Faro, e costruzioni appunto “consacrate” della Cristianità.

Lo storico latino Solino (III sec. d.C.) ricorda che, fatto erigere da Orione, questo sorgeva tra il lago di Ganzirri e quello di Faro. Quando i laghi vennero uniti con un canale scavato dagli inglesi nel 1810, furono rinvenuti interessanti reperti e massicce fondazioni attribuite appunto a questo tempio. Dalla “Guida per la città di Messina“ del Cavalier Antonino Busacca del 1873, apprendiamo che le rovine del tempio mostravano 46 colonne di vivo granito e mosaici; 26 di queste furono riutilizzate per la realizzazione del Duomo di Messina.

I “templi” Cristiani sorsero orientativamente in occasione del soggiorno temporaneo di cui alcuni Pontefici (papa Costantino – 710 d.C., Urbano VI – 1383) in loco. Presso il villaggio di Faro Superiore (ex Casale del Faro), ad esempio, gli abitanti decisero di modificare l’antichissima chiesa della Candelora, ingrandendola e sulla facciata della chiesa fu collocato un campanile con due campane, i cui rintocchi svegliavano il paese dall’assalto dei pirati.

I “Faresi” sono stati sempre molto devoti alla Vergine Santissima alla quale hanno voluto dedicare ben quattro chiese; di queste restano oggi la chiesa dell’Assunta, attuale parrocchia e, fuori dal paese in contrada Sperone, la deliziosa chiesetta recentemente restaurata ad opera della popolazione, di “Maria Santissima dei Miracoli”. Presso Ganzirri, la Chiesa è intitolata al Santo patrono Nicola, riedificata “a monte” dopo il crollo dovuto al sisma del 1908 e poco distante la Chiesetta intitolata a S. Agata, anch’essa antica.

La documentazione più attendibile relativa alla precedente Chiesa Parrocchiale locale è quella della Chiesa di “Santa Domenica”. In epoche più recenti, questa sorse alle spalle dell’attuale Sacrario della “Madonna della Lettera” e fu edificata dopo la distruzione del primario tempio avvenuta in seguito all’attacco spagnolo del XVI sec. per la riconquista di Messina; nel dopoguerra, tornarono alla luce reperti sacri nell’area dove la chiesetta fu edificata. L’edificio ha lasciato il proprio nome alla via adiacente alla nostra attuale chiesa. Dal dipinto del Casembrot del 1644, possiamo risalire alla presenza effettiva dell’originaria chiesa intitolata appunto a S. Domenica collocata approssimativamente dove oggi si trova la nostra seconda piazzetta, in via Torre: qui a seguire, ne riporto la storia.

Domenica 10 agosto 1565, Papa Alessandro III, costretto con la sua flotta a riparare presso le spiagge di Capo Peloro in seguito a un fortunale, volle celebrare messa in questa piccola Chiesa; l’evento richiamò i fedeli di tutte le contrade limitrofe e per mantenerne memoria i paesani fecero realizzare un dipinto raffigurante la Vergine Maria al centro, Santa Domenica e San Lorenzo Martire ai suoi lati, oltre a porre una Croce in legno sull’altare dove il Papa celebrò la funzione. Successivamente, la Croce fu sostituita da una stele di marmo con sovrapposta una nuova Croce, tutt’oggi visibile presso il Largo Giovanni Cavallaro (ex piazza Chiesa) a lato del ponte, ad opera della famiglia del signor Antonino Sciabà ed i suoi figli Giuseppe e Giovanni (detti “Nìnu”, “Pippìnu” e “Giuvannìnu”), appaltatori delle opere più significative in paese. Così, le feste Patronali vennero fissate per il 10 agosto ed in seguito per l’8 settembre, e recentemente, per il 26 agosto. Nel secolo scorso, sono stati rinvenuti reperti dove sorse la vecchia chiesa, ad essa attribuibili.

Per ragioni di convenienza e di lontananza, Torre Faro si divise da Faro Superiore nell’anno 1747; (gli altri paesi come Ganzirri nel 1819 e S. Agata nel 1883); ben presto, s’impose l’esigenza di una «cappellania» dipendente sempre dalla parrocchia madre, ma per volontà degli arcivescovi di Messina, le chiese costruite nei singoli villaggi furono a lungo dipendenti da Faro Superiore e, come ho precedentemente accennato, dovettero pagare un canone annuo come segno di perpetua sudditanza. Tutti i nati e battezzati nei villaggi della riviera venivano registrati nella “parrocchia Madre” (vedi antico certificato di battesimo), e allo stesso modo venivano catalogati tutti i certificati di morte e di matrimonio.

La Chiesa di Torre Faro fu, per un certo periodo, strutturata in legno; questa disponeva d’una piccola torre chiamata “torre campanara”, dalla quale il “sacrestano” s’affacciava, sporgendosi dalla finestra di casa, per suonare le campane. Ricordo, in questo “ruolo”, i signori Salvatore Rando (dettu “Nàsca Manciata ù Sacristànu”) e Carmelo Donato (dettu “ù Sacristànu“). Dal dopoguerra, ricordo il signor Paolo Longo (dettu “Paulùzzu ù Sacristànu”) che svolgeva servigi vari presso la Parrocchia “Santa Maria della Lettera” di Torre Faro; tra l’altro, suonava manualmente le campane con l’aiuto di lunghe funi appese, prima dell’installazione del meccanismo elettrico.

La costruzione di questo “tempio” fu possibile con contributo statale di £ 18.419, grazie all’intervento dell’allora Arcivescovo Mons. Letterio D’Arrigo; il progetto venne sviluppato dall’ing. Giuseppe Marino ed i lavori eseguiti dall’impresa Antonino D’Angelo. Il collaudo del lavoro svolto avvenne nel 1919, la spesa complessiva fu di £ 50.257. Il definitivo edificio sacro (in “muratura”) venne innalzato a cura dell’impresa del signor Antonino Sciabà (di cui sopra) nell’anno 1934, su progetto dell’ing. Francesco Barbaro e redatto dall’ing. Giuseppe Marino. Per l’occasione, il costo raggiunse £ 600.000 e si applicarono alla struttura le nuove tecniche “anti sismiche” elaborate dopo il terremoto del 1908. Dal 1934 al 1938 e durante la fase dei lavori, le celebrazioni liturgiche furono effettuate presso la via Madaffari, al numero 47. In contemporanea, venne edificata la “canonica”. Purtroppo, in un incidente sul lavoro di ristrutturazione, il giovane operaio Filippo Rando di Lorenzo (dettu “Fulìppu ì Mastrularènzu”) morì precipitando al suolo il giorno 18 febbario 1932. Era nato il 16 aprile 1914. Ancora oggi, una lapide marmorea posta presso la via Santa Domenica ne ricorda la memoria.

L’area dell’edificio ricopre 460 metri quadrati, oltre i locali annessi e la sua architettura è ispirata agli stili “Romanico” e “Rinascimentale”.

La Parrocchia di Torre Faro, già definita “antichissimo Sacrario” nel 1644 da Placido Samperi, come tutta la città di Messina, è dedicata alla Madonna della Lettera, perché è proprio a Capo Peloro che si racconta sia sbarcata la delegazione di Messinesi di ritorno dalla Terra Santa, dove si erano recati (spinti della fervente predicazione di San Paolo) in visita alla Vergine, che in segno di ringraziamento avrebbe consegnato loro una lettera sigillandola con una propria ciocca di capelli. Sulla lettera erano riportate le seguenti parole: “Vos et ipsam civitatem benedicimus (Benediciamo voi e i vostri concittadini)”; la tradizione religiosa vuole che da allora la Madonna vegli sulla città e che in occasione di una tremenda carestia del ‘600 fece apparire miracolosamente nelle acque dello Stretto una nave carica di grano. La Chiesa “vanta” un Crocefisso “ligneo” risalente al XVI sec., e ha conservato pregevoli dipinti di Giovanni Fulco del sec. XVII, la “Stigmatizzazione di San Francesco”, il “Cristo deposto”, e le tele di autore ignoto settecentesco “Annunciazione”, l’”Adorazione dei Magi” e lo “Sposalizio della Vergine”. Notevoli sono i paliotti (pannelli decorativi usati come rivestimento della parete anteriore dell’altare) negli altari del transetto (parete architettonica tra lo spazio posteriore al “presbiterio” detto “abside” e le suddivisioni dell’interno della chiesa in colonne e pilastri dette “navate”) oltre all’altare maggiore in marmi mischi “policromi”, tutti del sec. XVIII. Dal 28 marzo 2009 infine, è aperta ai fedeli una “Cappella del SS. Sacramento”, che custodisce l’Eucaristia destinata agli “infermi”, nel cui centro è il “tabernacolo”, alla cui sinistra la Bibbia, quindi la lampada “simbolo” della Luce di Cristo nel mondo, oltre a inginocchiatoi e panche poste di fronte al “Sacramento”. Raffinate vetrate artistiche fanno da contorno all’ambiente.

Dalla sua edificazione dunque; vari decenni hanno riscontrato una costante attività “pastorale” presso la nostra Chiesa e diversi sono così stati i “ministri” susseguitisi in tale “missione”.

Durante il loro ministero, i sacerdoti disponevano di un’opera “manoscritta” con funzione di “diario” dove annotavano le vicende della comunità parrocchiale accadute durante il loro esercizio (nascite, matrimoni, funerali e attività varie della chiesa). L’attività parrocchiale ha incluso la formazione e l’educazione cristiana dei giovani del luogo; in questo ruolo ha svolto un compito fondamentale l’Azione Cattolica in tutte le sue componenti, oltre all’apporto di tante catechiste susseguitesi alla preparazione di generazioni di bambini al sacramento della Prima Comunione. Tra i tantissimi responsabili operanti in questi settori ricordo in particolare il dott. Nicola Cavallaro (dettu “Niculìnu”), già dirigente al Comune di Messina, persona di spiccata fede religiosa nonchè valido realizzatore di “icone” sacre con tecnica pittorica.

(Alcune delle informazioni sopra riportate sono state fornite da Mons. Mario Aiello, dall’avv. Vincenzo Sciabà e da “Garibaldi a Torre Faro” di S. Rando, 1961).

Secondo il Villabianca, un’antica chiesetta sorgeva inoltre presso la attuale contrada Due Torri e pare fosse quella intitolata a S. Caterina, entro cui era venerata la figura di Maria Vergine dei Miracoli, così detta per le numerose “grazie” dispensate per i devoti.

Poco distante dalla Parrocchia “principale”, sorge la piccola chiesa di campagna di Due Torri (ultimata nel 1923) e la casetta limitrofa, situate in via Margi, che furono donate con testamento dal Conte Pomara, di un’antica famiglia benestante della zona. La Cappelletta fu consacrata alla Madonna del Carmine, e in ricorrenza della festa (16 luglio) una “processione” di “Varette” si muoveva dalla costruzione adiacente la chiesa dove queste rimanevano custodite; queste celebrazioni si ripeterono sino al 1940: dopo gli anni della guerra solo nel 1948. Sino al 1978, i monaci dell’ordine di Pompei ne beneficiarono, a condizione che settimanalmente celebrassero la Santa Messa presso di essa. A riconoscenza del gesto d’altruismo dei Pomara, venne realizzata una stele commemorativa marmorea che fu collocata presso l’altare maggiore della chiesetta. Dal 1998, l’ordine dei monaci di Pompei, causa “forza maggiore”, ha declinato l’impegno anticamente pattuito con la famiglia Pomara (la celebrazione delle Messe fu compito di don Bernardo); gli immobili nel 1998 sono stati destinati ad un erede di casa Pomara.

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